IL RISCHIO SISMICO
L’Italia
è
uno
dei
Paesi
a
maggiore
rischio
sismico
del
Mediterraneo,
per
la
frequenza
dei
terremoti
che
hanno
storicamente
interessato
il
suo
territorio
e
per
l’intensità
che
alcuni
di
essi
hanno
raggiunto,
determinando
un
impatto
sociale
ed
economico
rilevante.
La
sismicità
della
Penisola
italiana
è
legata
alla
sua
particolare
posizione
geografica,
perché
è
situata
nella
zona
di
convergenza
tra
la
zolla
africana
e
quella
eurasiatica
ed
è
sottoposta
a
forti
spinte
compressive,
che
causano
l’accavallamento
dei
blocchi
di
roccia.
In
2500
anni,
l’Italia
è
stata
interessata
da
più
di
30.000
terremoti
di
media e forte intensità superiore al IV-V grado della scala Mercalli) e
da
circa
560
eventi
sismici
di
intensità
uguale
o
superiore
all’VIII
grado
della
scala
Mercalli
(in
media
uno
ogni 4 anni e mezzo). Solo nel XX secolo, ben 7 terremoti hanno avuto una magnitudo uguale o superiore
a
6.5
(con
effetti
classificabili
tra
il
X
e
XI
grado
Mercalli).
La
sismicità
più
elevata
si
concentra
nella
parte
centro-meridionale
della
penisola
-
lungo
la
dorsale
appenninica
(Val
di
Magra,
Mugello,
Val
Tiberina,
Val
Nerina,
Aquilano,
Fucino,
Valle
del
Liri,
Beneventano,
Irpinia)
-
in
Calabria
e
Sicilia,
ed
in
alcune
aree
settentrionali,
tra
le
quali
il
Friuli,
parte
del
Veneto
e
la
Liguria
occidentale.
I
terremoti
che
hanno
colpito
la
Penisola
hanno
causato
danni
economici
consistenti,
valutati
per
gli
ultimi
quaranta
anni
in
circa
135
miliardi
di
euro,
che
sono
stati
impiegati
per
il
ripristino
e
la
ricostruzione
post-evento. A ciò si devono aggiungere le conseguenze non
traducibili
in
valore
economico
sul
patrimonio
storico,
artistico,
monumentale.
In
Italia,
il
rapporto
tra
i
danni prodotti dai terremoti e l’energia rilasciata nel corso degli eventi è molto più alto rispetto a quello
che
si
verifica
normalmente
in
altri
Paesi
ad
elevata
sismicità,
quali
la
California
o
il
Giappone.
Ad
esempio,
il
terremoto
del
1997
in
Umbria
e
nelle
Marche
ha
prodotto
un
quadro
di
danneggiamento
(senza
tetto:
32.000;
danno
economico:
circa
10
miliardi
di
Euro)
confrontabile
con
quello
della
California
del
1989
(14.5
miliardi
di
$
USA),
malgrado
fosse
caratterizzato
da
un’energia
circa
30
volte
inferiore.
Ciò
è
dovuto
principalmente
all’elevata
densità
abitativa
e
alla
notevole
fragilità
del
nostro
patrimonio
edilizio.
La
sismicità
(frequenza
e
forza
con
cui
si
manifestano
i
terremoti)
è
una
caratteristica fisica del territorio, al pari del clima, dei rilievi montuosi
e
dei
corsi
d’acqua.
Conoscendo
la
frequenza
e
l’energia
(magnitudo)
associate
ai
terremoti
che
caratterizzano un territorio ed attribuendo un valore di probabilità al verificarsi di un evento sismico di una
certa
magnitudo,
in
un
certo
intervallo
di
tempo,
possiamo
definire
la
sua
pericolosità
sismica.
Un
territorio
avrà
una
pericolosità
sismica
tanto
più
elevata
quanto
più
probabile
sarà,
a
parità
di
intervallo
di
tempo
considerato,
il
verificarsi
di
un
terremoto
di
una
certa
magnitudo.
Le
conseguenze
di
un
terremoto,
tuttavia,
non
sono
sempre
gravi:
molto
dipende
infatti,
dalle
caratteristiche
di
resistenza
delle
costruzioni
alle
azioni
di
una
scossa
sismica.
Questa
caratteristica,
o
meglio
la
predisposizione
di
una
costruzione
ad
essere
danneggiata
da
una
scossa
sismica,
si
definisce
vulnerabilità.
Quanto
più
un
edificio
è
vulnerabile
(per
tipologia,
progettazione
inadeguata,
scadente
qualità
dei
materiali
e
modalità
di
costruzione,
scarsa
manutenzione),
tanto
maggiori
saranno
le
conseguenze
che
ci
si
deve
aspettare
in
seguito
alle
oscillazioni
cui
la
struttura
sarà
sottoposta.
Infine,
la
maggiore
o
minore
presenza
di
beni
a
rischio
e,
dunque,
la
conseguente
possibilità
di
subire
un
danno
(economico, in vite umane, ai beni culturali, ecc...), viene definita
esposizione
(di
vite
umane,
beni
economici,
beni
culturali).
Il
rischio
sismico
è
determinato
da
una
combinazione della pericolosità, della vulnerabilità e dell’esposizione ed è la misura dei danni che, in
base
al
tipo
di
sismicità,
di
resistenza
delle
costruzioni
e
di
antropizzazione
(natura,
qualità
e
quantità
dei
beni
esposti),
ci
si
può
attendere
in
un
dato
intervallo
di
tempo.
In
Italia,
possiamo
attribuire
alla
pericolosità
sismica
un
livello
medio-alto,
per
la
frequenza
e
l’intensità
dei
fenomeni
che
si
susseguono.
La
Penisola
italiana,
però,
rispetto
ad
altri
Paesi,
come
la
California
o
il
Giappone,
nei
quali
la
pericolosità
è
anche
maggiore,
ha
una
vulnerabilità
molto
elevata,
per
la
notevole
fragilità
del
suo
patrimonio
edilizio,
nonché
del
sistema
infrastrutturale,
industriale,
produttivo e delle reti dei servizi. Il terzo fattore, l’esposizione, si
attesta
su
valori
altissimi,
in
considerazione
dell’alta
densità
abitativa
e
della
presenza
di
un
patrimonio
storico,
artistico
e
monumentale
unico
al
mondo.
In
questo
senso
è
significativo
l’evento
del
1997
in
Umbria
e
Marche,
che
ha
fortemente
danneggiato
circa
600
chiese
e,
emblematicamente,
la
Basilica
di
S.
Francesco
d’Assisi.
L’Italia
è
dunque
un
Paese
ad
elevato
rischio
sismico,
inteso
come
perdite
attese
a
seguito di un terremoto, in termini di vittime, danni alle costruzioni e conseguenti costi diretti e indiretti.
Rischio Sismico